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PRIMO COLLOQUIO GRATUITO?

PRIMO COLLOQUIO GRATUITO, PERCHE’ NO.

Talvolta potenziali pazienti mi contattano chiedendo se il primo colloquio è gratuito. “No- rispondo- è un colloquio psicologico e pertanto ha un suo costo.”

Mi sono però interrogata sul senso di fare il primo colloquio gratuito. La gratuità del primo colloquio sembrerebbe infatti incoraggiare, almeno all’apparenza, il contatto tra pazienti e terapeuti, ancor più in un contesto come quello italiano, in cui la cultura psicologica non è ancora sufficientemente compresa.

Tuttavia il primo colloquio è parte integrante dell’intero percorso psicoterapeutico; ed anzi, rappresenta un momento particolarmente importante. Il primo colloquio è utile a comprendere la richiesta del paziente, l’utilità o meno di una psicoterapia e l’opportunità che questa venga intrapresa proprio con quello psicoterapeuta e non con un altro. Inoltre aiuta anche a mettere a fuoco gli elementi su cui poter lavorare. Come un sarto, si prendono le misure, si capisce quale taglio sarà più adatto al paziente e si comincia ad imbastire il lavoro che verrà rifinito e confezionato su misura. Orienta il percorso terapeutico e fornisce preziosi spunti di riflessione al paziente.
Il primo colloquio, quindi, è un momento molto complesso e ricco di informazioni.
Il paziente racconta le ragioni che lo hanno spinto a rivolgersi ad uno psicoterapeuta e ciò che spera di ottenere; lo psicoterapeuta cerca di comprendere i bisogni della persona che si trova davanti e di capire se possiede gli strumenti per sostenerla e quale potrebbe essere il percorso migliore per lui.

E allora, in tutto questo, quali possono essere le implicazioni del colloquio gratuito?

La gratuità del primo colloquio è una comunicazione che lo psicoterapeuta manda al paziente: in cui quindi, il professionista “manipola” la dimensione dell’investimento economico che il paziente dovrà necessariamente operare. È infatti un criterio comunemente accettato nella nostra cultura che le prestazioni professionali vengano retribuite.
Quindi, mentre nel momento in cui lo psicoterapeuta chiede di essere pagato, semplicemente corrisponde a questo criterio condiviso, la gratuità modifica questo assetto scontato, inserendo quindi degli impliciti, che inevitabilmente verranno interpretati dal paziente.

Il paziente potrebbe, per esempio, sentirsi “grato” verso il terapeuta; oppure, potrebbe pensare che lo psicoterapeuta stia cercando di “sedurlo” con la gratuità.
O ancora, potrebbe pensare che il terapeuta non abbia una buona immagine di sè, tanto da “svendersi”.
In qualche modo, insomma, lo psicoterapeuta introduce con la gratuità una comunicazione su di sè che può essere soggetta a diverse interpretazioni; in un momento in cui è ancora assente una solida alleanza terapeutica. Il rischio sembra essere quello di pregiudicare le evoluzioni successive del percorso terapeutico.

Ma quando è il paziente a richiedere il primo colloquio gratuito?
In maniera del tutto speculare, andando oltre gli aspetti concreti che possano spingerlo a fare questa richiesta, è possibile che il paziente stia inviando una comunicazione di rilievo, non tanto su ciò che pensa del colloquio psicoterapeutico o dello psicoterapeuta; quanto sull’investimento emotivo che sente di potersi permettere. Sul valore che dà alla cura di sè ed allo spazio che ha deciso di concedersi.
Ecco che allora, il primo colloquio a pagamento, rappresenta l’opportunità di poter dare, senza ambivalenze di sorta, il giusto valore ad un percorso che spesso, quando vissuto con coraggio, genera un solido rinnovamento nella nostra vita.

ACCOMPAGNARE IL PERCORSO EDUCATIVO

PERCORSO DI FORMAZIONE PER INSEGNANTI A CURA DELLA DOTT.SSA LUCIA BAROLO E DELLA DOTT.SSA BARBARA RABU’

Nei mesi di giugno e settembre 2023 si svolgerà un percorso di consapevolezza educativa rivolto a tutti gli insegnanti della scuola primaria dell’ I.C. di Carignano.

Il percorso è progettato e condotto dalla Dott.ssa Lucia Barolo, Psicologa formata in Neuropsicologia, e della Dott.ssa Barbara Rabù, Psicologa Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Facilitatore Mindfulness.

I temi affrontati durante le 12 ore di formazione:

•COME PARLARE AGLI ALUNNI IN MODO EFFICACE

•COME SPIEGARE LE REGOLE E FARLE RISPETTARE

•COME INSEGNARE AGLI ALUNNI  A LAVORARE IN MODO COOPERATIVO E COESO E USARE LA FANTASIA PER UNA DIDATTICA CREATIVA​

•LA MINDFULNESS PER AFFRONTARE LA FATICA A SCUOLA: GESTIRE PAURE E ANSIE DEGLI INSEGNANTI E DEI BAMBINI ​

•LA SUPER-SUPER ATTENZIONE ATTRAVERSO LA MINDFULNESS​

QUANDO NASCE UN GENITORE

NUOVE DATE!

PERCORSO DI CONDAPEVOLEZZA GENITORIALE

SABATO 04/03/23 INIZIA IL PERCORSO “QUANDO NASCE UN GENITORE”

4 INCONTRI A CADENZA QUINDICINALE PRESSO LO STUDIO COMPLE.TO’

Mamma non ti sento!

Quante volte, ci chiediamo se il nostro bambino ci stia veramente capendo e quante volte invece, diamo colpa alla distrazione? La sordità infantile spesso si cela dietro a segni poco riconoscibili, confondendoli per difficoltà di attenzione o isolamento nel gioco. Un bimbo che non si gira quando chiamato o che non risponde in modo adeguato alle nostre domande può essere sintomo di un problema al suo sistema udito. La sordità monolaterale, ovvero da un solo orecchio, consente al bambino di cogliere solo alcuni dei suoni provenienti dall’ambiente esterno. Tutto questo si traduce, nei primi anni di vita, in una difficoltà anche relazionale verso i suoi stessi genitori. La così detta banana del parlato o “speech banana” rappresenta in modo chiaro e semplice come i suoni della lingua corrispondano a diverse frequenze udite. Se però queste frequenza sono intaccate, allora il bambino avrà troppe poche informazioni per comprendere il reale suono di una parola. Per intenderci, fin dalla nascita i bambini hanno bisogno di sentire ripetutamente i suoni del loro linguaggio, per poterli associare alle parole. I bambini imparano ad ascoltare e a conoscere il mondo associando i suoni alle cose, che sia il rumore dello scorrere dell’acqua quando è l’ora del bagno o una dolce ninna nanna prima di dormire.
Come posso accorgermene?
Il sintomo più importante di una possibile sordità, è un ritardo nello sviluppo del parlato e del linguaggio. O ancora:
o il bambino non si accorge se qualcuno parla al di fuori del suo raggio visivo, soprattutto se gli elementi di distrazione presenti sono minimi
o Il bambino sta seduto molto vicino alla televisione quando il volume, in realtà è sufficiente
o il bambino alza il suo tono di voce, verosimilmente perché non si sente
o Non reagisce a suoni di forte intensità
o A scuola, iniziano ad esserci problemi negli apprendimenti oppure comportamentali mano a mano che la richiesta curricolare aumenta.

Cosa faccio allora, se ho il dubbio che il mio bambino non senta bene?
Il primo passo da fare è sicuramente rivolgersi al proprio pediatra, il quale suggerirà lo specialista più idoneo per eseguire ulteriori indagini diagnostiche

A casa invece, possiamo supportare qualsiasi attività di gioco con il canale gestuale e/o mimico. Cercheremo inoltre di non parlargli da una distanza troppo grande, di giocare sovente a tappeto consentendogli sempre di guardarci il viso. E ancora, possiamo utilizzare libretti che seguano il racconto della storia con delle figure illustrate.
Parlate!: molte ricerche mostrano che il numero di parole che un bambino ha all’età di 4 anni è direttamente correlato al numero di parole che un bambino ha sentito. Poiché un bambino con ipoacusia non sentirà tutto, avrà bisogno di più input.
Proponete Giochi di rima: man mano che i bambini crescono, divertitevi a fare tanti giochi di rima. Creare rime è molto utile per costruire abilità fonetiche, fondamentali per la lettura.
Sperimentate Giochi ritmici e Canto: battere le mani a ritmo, camminare seguendo un ritmo, cantare, è divertente ed è una buona abilità da allenare nei bambini affetti da sordità. Ricordatevi che anche la lingua a un suo ritmo; spesso è proprio la prosodia a risultare inadeguata.
Non lasciate che i bambini passino troppo tempo davanti alla tv o al pc/tablet: i bambini non imparano la lingua guardando la TV, la imparano interagendo con le persone! Quindi trascorrete del tempo con loro e inserite il linguaggio verbale senza forzarlo, commentate ed espandete le parole e le frasi del bambino, piuttosto che chiedergli di ripetere le parole.
Utilizzate strumenti musicali e suonate: I bambini che non possono sentire bene potrebbero perdere l’opportunità di apprezzare adeguatamente la musica. Usate il tamburo e chiedete al bambino di seguire il ritmo con le mani o su un altro tamburo. Suonate diversi strumenti senza farglieli vedere e chiedetegli di indovinare quale strumento avete suonato. Alternate suoni lunghi a suoni brevi e chiedetegli quale è durato di più.
E infine… proviamo ad indovinare assieme “Da dove viene quel suono?” selezioniamo e utilizziamo suoni ad alto contrasto tra loro come per esempio pupazzetti con sonagli e maracas o ancora, tamburelli e fischietti. Giochiamo a suonarli alle sue spalle, chiedendo poi da dove provenisse il suono.
Per ultimo, ma non per importanza: gratifichiamoli sempre. Quando un gioco o un’attività vengono svolti in modo corretto, non esitiamo ad incitare e favorire quel comportamento.
Ricordiamoci che comunque per loro, risulteranno essere giochi dispendiosi a livello di energia ed attenzione!

Articolo di
Dr.ssa Caterina Lerda
Logopedista e Audiometrista
Master in logopedica clinica in età evolutiva

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